Ricetta Tarallucci di Natale durante “lu sfullamente”
Ada: “Fafì? Chi ti’ pe’ ffa li tarille? J’ La ricetta dei tarallucci mi le so purtate da Ursagne!”
Serafina: “Mene… Ada! Mo a li tarille sti pensà? Ma ne li vide c’aech ci sta l’urdnanze de lu “Razionamento del cibo”? Nin stem a la campagna nostre Ada… Aech, a la città de lu nord addo’ janome purtite, sole na vote a lu mese puteme pijà lu zucchere e la farine…, na vote a lu mese puteme pijà l’uje… Statte ‘nghi ssi puche uaje Ada… Je sole nu capricce!”
Ada: “Ma chi ta pinze ca ni li sacce?! Pure J’ facce la file tre vote a lu mese pe’ pijà lu magnà cchiù nicessarje. Li sacce ca nin steme a la campagne nostre… Ma J’ vuje cantà mintre ‘mpaste la farine… Li capille mi za dà ‘mbiancà gna quande ci s’avessa appusate la neve! Nin ci vuje arinuncià arij, pe’ nu mumente, pur sole ‘nghi lu pinzire a la casa mè… ‘nghe le tradiziune di Mammà e Nonna mè, ‘nghi li canzuna nustre, ‘nghi li tarille di Natale…Li tarille di Ursagne…”
L’ordine di abbandonare il Paese
Il comando delle truppe germaniche, con manifesto datato 25 ottobre 1943 e firmato dal prefetto di Chieti, ordina a tutti gli orsognesi di abbandonare il paese
Sfollati…
Sotto la minaccia tedesca, siamo costretti ad abbandonare le nostre case, a caricare sulle spalle i nostri malati, ad allattare al freddo i nostri bambini piangenti in fasce.
Con mille dubbi nel cuore camminiamo senza sosta: dove ci conducono? Come potrà Tatà sopravvivere? E’ ammalato e l’inverno è ormai alle porte. Per lui sono riuscita a prendere la coperta di lana mentre il muletto per la barella me l’ha prestato Ciccucce.
Incolonnati uno di fronte all’altro vedo più di 100 orsognesi davanti a me ed altrettanti dietro…
Tutti con la confusione negli occhi eseguono gli ordini, pena la fucilazione.
Ecco che alcuni, approfittando della distrazione delle guardie tedesche, si sganciano dalla colonna umana per nascondersi nelle campagne limitrofe.
E’ evidente… Non vogliono abbandonare le nostre terre. Un giorno li rivedrò quegli incoscienti e ascolterò le loro storie avventurose.
Io con Roccuccio in braccio, nato da 20 giorni, posso solo andare avanti e pregare Dio.
Giungiamo dinanzi a dei grossi camion. Ci dividono. Ascolto gli ordini impaurita e stringendo Roccuccio tra le braccia salgo su uno dei camion tedeschi. Tatà è con noi, così come la famiglia di Serafina de lu quart de la ville.
“Nin piagne Fafì… é solo per poco tempo… Ritorneremo tra qualche settimana”. Si… giusto in tempo per fare i nostri dolci abruzzesi di Natale.
Il viaggio verso il nord
Ha fame Roccuccio…
Tra i sobbalzi del viaggio cerco di allattarlo sorreggendolo con il braccio destro. Con l’altra mano accarezzo Tatà che, sempre di tempra forte, maledice i tedeschi in dialetto nostro.
Lo fa con tono dolcissimo per non indispettire le guardie, ma le parole che pronuncia, incomprensibili per loro, sono davvero irripetibili… << Tatà! Mo mi sì fatte propri ride! >>
Il viaggio è lungo ed il camion è freddo. Tatà peggiora. Ha la polmonite. Lo portano all’ospedale di Ancona dove stanco, se ne và lasciandomi sola… Grazie di tutto Tatà… Mo’… proteggi Roccucce.
Il viaggio prosegue. I tedeschi ci lasciano in una grande città del nord Italia. Ci dicono che siamo a Parma, nell’Emilia Romagna, e che avremmo trovato ospitalità presso alcune case messe a disposizione dai Nobili del luogo.
Assieme alla famiglia di Serafina ci conducono in una casa di periferia. Siamo al primo piano. In tutto, tra grandi e piccini, siamo in 20.
Il bisogno delle tradizioni per sentirsi a casa: i dolci abruzzesi
Io e Serafina bisticciamo sempre ma non ci lasciamo mai. Lei è la mia roccia ed io la sua. Preghiamo, cuciniamo per tutti e accudiamo i nostri cari. La nostra lite più aspra? Quella per il Taralli di Natale:
Volevo farli a tutti i costi. Ero convinta che con un po’ di sacrificio, mettendo insieme le provviste provenienti dal razionamento, sarebbero usciti tarallucci per tutti. Ma per Serafina il mio era solo un capriccio. Com’è finita? “Ca se na magnat quattro tutte na botte”
Ecco che il giorno di Natale, seppur solo con la mente, siamo tornati ad Orsogna: canti, sapori gustati dinanzi al camino… << A state bbell Fafì? >> … << A state bbell Tatà? >>
La Ricetta dei tarallucci di Natale di Ada e Serafina, 1943
Ingredienti per la pasta
- 500 gr di farina bianca più 70 gr di farina rimacinata (farina di cappella)
- 1 cucchiaio di zucchero
- 1 bicchiere di olio (150 ml)
- 1 bicchere di vino bianco
Ingredienti per il ripieno
- 250 gr di marmellata d’uva e 250 gr di scrucchiata
- 200 gr di noci tritate
- cacao in polvere (quanto basta)
- buccia grattugiata di un’arancia
Procedimento
Mettiamo in un contenitore la farina e lo zucchero.
A parte scaldiamo olio e vino finché non diventano tiepidi (saranno sufficienti pochi minuti). A questo punto versiamo il tutto nella ciotola contenente farina e zucchero.
Iniziamo ad impastare fino a raggiungere una consistenza liscia e morbida. Lasciamo riposare non più di 30 minuti.
Occupiamoci adesso del ripieno, prendiamo un tegame dai bordi alti e versiamo gli ingredienti per il ripieno. Accendiamo il fuoco a fiamma bassa. Lasciamo scaldare giusto il tempo necessario ad amalgamare gli ingredienti.
Lasciamo raffreddare.
A questo punto prendiamo l’impasto della pasta e iniziamo a spianarlo con il mattarello. Una volta spianato, prendiamo una una tazza o un bicchiere di circa 10-12 cm di diametro. Premiamo il bicchiere sulla pasta fino a ritagliarla ottenendo un cerchio. Ripetiamo la stessa operazione più e più volte fino ad ottenere tanti cerchi di pasta.
A questo punto possiamo iniziare ad apporre al centro di ogni cerchio il nostro ripieno di marmellata. Sarà sufficiente un cucchiaino, non di più altrimenti potrebbe strabordare durante la cottura andando a rompere la pasta.
Passiamo adesso ad un’operazione delicata: dobbiamo ripiegare la pasta sui bordi a coprire il ripieno. Ciò che dobbiamo ottenere è una forma simile a quella di un tortellino o un piccolo panzerotto.
Dopodichè non ci resta che sigillare per bene i due lati della pasta. Alcuni usano le dita, ma noi preferiamo il metodo di Ada e Serafina: utilizzando l’estremità cilindrica della chiave di una serratura (l’estremità opposta all’impugnatura) si spinge per sigillare i due lati della pasta e chiudere così il tarallo.
Questa operazione deve essere eseguita lungo tutto il perimetro del tarallo.
Infornare a 150°C per 15’ circa finché i dolcetti non risultino leggermente dorati sul fondo.
Appena sfornati, si lasciano raffreddare.
Il tocco finale: andiamo a bagnare la superficie dei taralli con del vino bianco. Possiamo aiutarci con un pennellino. Spolverizziamo dunque con zucchero bianco.
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